Il rischio degli OGM

Ho da poco visto un bel video su YouTube di un certo Dario Bressanini. Il video spiega in maniera chiara la presenza dei prodotti OGM (organismi geneticamente modificati) in Italia. Dopodichè, approfondendo ancora la questione, mi sono imbattuto in un articolo del “Fatto Quotidiano” che mi ha fatto riflettere. Cercherò di ricostruire il filo del discorso nella maniera più chiara e sintetica, partendo proprio dai contenuti del video di Bressanini e dall’articolo del Fatto.

Il video, intitolato L’italia non è OGM-free. Importiamo milioni di tonnellate di soia e mais OGM, espone, appunto, come sostanzialmente non siamo un paese “OGM-free” per chi avesse dubbi al riguardo. La nostra legge vieta la possibilità di usare in agricoltura piante transgeniche, ma sul nostro mercato sono ben accette produzioni agricole OGM che arrivino dall’estero. Alcuni prodotti che troviamo al supermercato vengono da coltivazioni di piante transgeniche, ma soprattutto i nostri animali sono allevati per la maggior parte con mangimi che hanno questo tipo di origine. Da questo punto di vista Bressanini espone dei numeri “ufficiali”, egli cita le 3.350.000 tonnellate di soia geneticamente modificata importata nel 2012 a scopo foraggero (circa 55 chilogrammi per abitante) e riporta il dato relativo alla percentuale di materiale OGM presente nei mangimi in italia: 87 %. Significa che l’ottantasette per cento del cibo che diamo nei nostri allevamenti è importato e di origine OGM. Bressanini poi solleva una polemica. Sostiene che per lui sia “ipocrita” da parte degli attivisti e delle associazioni contro gli OGM non chiedere anche il blocco delle importazioni. Limitarsi a non consentirne la coltivazione su suolo italiano non ha senso. Questi attivisti dovrebbero, per coerenza, almeno chiedere che sia scritto sull’etichetta per legge se un prodotto alimentare (carne, latte, formaggio ecc.) è stato prodotto da animali alimentati con mangimi OGM.

L’articolo del “Fatto Quotidiano” dal titolo OGM la Corte europea contro l’Italia: “non può vietare le coltivazioni geneticamente modificate” esamina invece la posizione dell’Ue sull’utilizzo di piante transgeniche e sul “principio di precauzione”. L’articolo nasce da una sentenza dei giudici della Corte europea, secondo i quali l’Italia non potrebbe impedire la semina degli OGM consentiti dall’Ue. Qui si trattano temi difficili da interpretare a parere mio, l’articolo dice testualmente: la Corte Europea in una sentenza del 13 settembre in cui specifica che se sui prodotti geneticamente modificati non ci sia certezza di grave rischio per la salute umana, degli animali o per l’ambiente, né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione.” e in seguito riprende: “Il motivo sta tutto nel “principio di precauzione“, che deve basarsi sulla certezza dell’esistenza del rischio. Tenete a mente questa “certezza del rischio” e la riprenderemo dopo.  

Nel trafiletto del “Fatto Quotidiano” viene anche riportata la posizione della Coldiretti secondo la quale nella coltivazione di piante transgeniche ci sarebbero seri problemi di sicurezza ambientale e inoltre essa promuove un modello di omologazione che è nemico del Made in Italy.

Arriviamo al punto. Qua si sta discutendo se e come gli OGM siano dannosi in senso assoluto e questo non lo sappiamo ancora. A mio modo di vedere il problema non è in sè l’organismo geneticamente modificato, ma l’uso che si ha intenzione di farne. Certi tipi di OGM, non a caso i più utilizzati, hanno come obiettivo di massimizzare la produzione di certi prodotti a discapito della vocazione del territorio e, in ultima analisi, a discapito delle risorse naturali.

Prendiamo ad esempio le piante resistenti agli erbicidi. Buona parte delle colture OGM sono soia, mais, colza e cotone resistenti al glifosato, che dunque si può spargere direttamente sulle coltivazioni controllando le “infestanti”. L’uso di queste tecniche agricole ha sicuramente dei “contro”, il suolo su cui è stato versato il diserbante è un suolo che perde fertilità e si impoverisce. Come risultato le sostanze nutritive vanno reintrodotte con l’uso di fertilizzanti chimici. Essendo l’ecosistema agricolo povero in biodiversità vanno introdotte anche le difese verso i patogeni e dunque ci sarà vasto uso anche di prodotti contro insetti e malattie delle piante. Il risultato è una tecnica colturale che annienta la vita al di fuori della coltivazione interessata provocando ingenti danni ambientali. Fra i problemi rientrano anche l’inquinamento della acque, l’erosione e la perdita di suolo. Cito nuovamente questa frase:

Despite all our achievements we owe our existence to a six-inch layer of topsoil and the fact that it rains.

Nonostante tutti i nostri successi noi dobbiamo la nostra esistenza a uno strato di 15 cm di suolo e al fatto che piove.

Acqua e suolo, due risorse fondamentali che hanno la capacità di rigenerarsi naturalmente (nel caso dell’acqua di cambiare di stato e “purificarsi”). Sì, ma è nostro compito non ostacolare la natura in questi processi.

Anche le colture architettate geneticamente per difendersi dagli attacchi dei patogeni sono colture “forzate” e finiscono per creare squilibri e uso di risorse non-rinnovabili. La natura con le infestazioni di patogeni ci suggerisce che le monocolture non sono naturali e se le forziamo siamo in perdita. Stesso discorso vale per le piante create allo scopo di resistere agli stress climatici (temperature, salinità, siccità).

Piegare la natura al volere dell’economia di mercato non mi sembra una strada saggia da intraprendere. Mia opinione.

Gli organismi geneticamente modificati hanno anche utilizzi che reputo accettabili e riguardano la produzione di sostanze, farmaci, vaccini, tessuti ecc. Anche da questo punto di vista sono documentate delle criticità ma, non essendo un esperto di genetica, non mi addentro. Queste colture però sono praticate su scala decisamente minore. 

Tornando alla “certezza del rischio” citato in precedenza, non possiamo farci un’opinione sugli OGM per partito preso, sono questioni delicate e molto complesse, ma non possiamo usare questa argomentazione per nascondere i fini di chi svolge un certo tipo di agricoltura sconsiderata. Questo è il vero rischio che si corre.

Pubblicato da masanobu

Sono nato a Gemona del Friuli alla vigilia di Natale del 1990. Ho studiato "Scienze per l'ambiente e la natura" all'universitá di Udine. Lavoro nel settore florovivaistico da qualche anno e scrivo sui temi dell'agricoltura naturale.