La rivoluzione del filo di paglia di Masanobu Fukuoka

Eccomi finalmente a parlare del libro che ha ispirato questo blog. Ho conosciuto l’agricoltura naturale tramite un caro amico che me ne ha parlato e ha potuto mostrarmi nella pratica i suoi risultati, ma non avevo ancora letto “La rivoluzione del filo di paglia”. Ora l’ho fatto e nel libro ho riscontrato molte verità. Molte cose che profondamente giá sapevo, e che avevo intuito, sono state risvegliate dalle parole di questo anziano contadino giapponese.

Il libro di Fukuoka ha in sè due aspetti principali: esso è sia un trattato per un nuovo modo di fare agricoltura in sintonia con la natura, sia un dispensario di consigli per vivere una vita serena. Sostanzialmente: il benessere spirituale è fondamentale per una buona pratica agricola e una buona pratica agricola aiuta il benessere dell’animo umano.

Il libro è anche una critica alla vita moderna, dominata dal pensiero astratto-razionale, dal metodo scientifico e dalle ideologie. Masanobu sostiene che ci siamo persi in questo mondo, allontanandoci dalla nostra vera natura. La scienza e l’intelletto potrebbero essere degli strumenti utili se fossero al servizio di una connessione profonda con noi stessi e con la nostra vera natura, invece sono diventati il nostro timone. In questo modo la scienza ha il solo obiettivo di creare problemi, su problemi. Per ogni soluzione, per ogni nuova scoperta altri dieci problemi sono sollevati. Si va allora sempre  più nello specifico delle cose, si crea il mondo delle persone “iper-specializzate”.

Allo scienziato succede la stessa cosa. Sta immerso nei libri notte e giorno, sforzando gli occhi e diventando miope, e se domandiamo che lavoro ha fatto in tutto quel tempo : ha inventato degli occhiali per correggere la miopia.” – Masanobu Fukuoka

La natura però è un “tutto”. Non si può studiare approfonditamente solo una parte senza perdere qualcosa del senso generale… In ultima analisi il pensiero razionale non può capire come la natura operi. Il grande quadro si può solo intuire, al di là della ragione. Di questo grande quadro fanno parte anche la salute dell’uomo, il suo benessere emotivo e spirituale e la parte sociale che per noi è così importante. Questi ultimi aspetti sono quelli che ultimamente sono stati un po’ sacrificati sull’altare dell’intelletto. Ecco perchè la scienza deve tornare al suo posto, ad essere solo uno strumento da usare all’occorrenza.

l’astrazione porta anche ad un senso di separazione fra noi e ciò che ci circonda, è una separazione illusoria che si tramuta spesso in ansia e disagio. Noi siamo parte della natura e la natura agisce senza sforzo, spontaneamente.

Queste riflessioni hanno profondamente cambiato l’animo di Masanobu Fukuoka. Egli era, all’età di 27 anni, uno studioso di patologia vegetale. In seguito ad una seria malattia, che gli ha fatto temere per la sua vita, ha avuto un’intuizione: “Nessuna cosa ha valore in sè stessa e ogni azione è inutile, senza senso”. Lui definisce così a parole ciò che ha portato al suo cambiamento. Ciò che interessa a noi per la nostra storia è che ha abbandonato il suo buon lavoro statale da biologo vegetale per tornare a fare il contadino. Da questo punto Masanobu inizia un grande periodo di sperimentazioni, durato circa mezzo secolo, in cui l’arte della meditazione, l’arte del “lasciare fare alla natura”, si unisce con la pratica agricola.

“La maniera normale di sviluppare un nuovo metodo è domandarsi: «E se si provasse questo?» o «e se si provasse quest’altro?», introducendo diverse tecniche una sull’altra. Questa è agricoltura moderna e si risolve solo nel rendere più occupato il coltivatore. Io facevo il contrario. Cercavo un modo simpatico, naturale di coltivare che si risolvesse nel rendere il lavoro più facile invece che più duro. «E se si provasse a non fare questo? E se si provasse a non fare quest’altro?»: era questa la mia maniera di pensare. Alla fine arrivai alla conclusione che non c’era alcun bisogno di arare, alcun bisogno di dare i fertilizzanti, alcun bisogno di fare il composto, alcun bisogno di usare insetticidi. A ben guardare sono poche le pratiche agricole veramente necessarie.” – Masanobu Fukuoka

Vi starete domandando “va bene, adesso che abbiamo pensato alla salute psico-fisica del contadino come sfamiamo il mondo?”. Ebbene, Fukuoka ha concluso che le rese dei suoi campi non erano inferiori di chi adottava tecniche moderne, anzi, per alcune tipi di colture le sue rese erano le più alte di tutto il giappone. Inoltre l’agricoltura naturale ha il vantaggio di non impoverire le risorse naturali nel tempo e, se attuate su campi “maltrattati”, ha un carattere rigenerativo.

Avrete capito ormai che l’agricoltura naturale consiste sostanzialmente nel far fare la maggior parte del lavoro alla natura e fare solo ciò che è necessario. Masanobu ha fatto questo per molti anni e ha individuato “quattro pilastri” che differenziano l’agricoltura naturale dall’agricoltura moderna:

  • Il primo è nessuna lavorazione, cioè niente aratura nè capovolgimento del terreno: Il terreno si lavora da solo grazie all’azione delle radici e dei piccoli organismi che popolano il terreno.
  • Il secondo è nessun concime chimico nè composto preparato: Il terreno si concima da solo, conserva la propria fertilità. La cosa importante è non rimuovere troppo materiale dalla sua superficie. Aggiungere sostanze esterne può alterare alcuni equilibri importanti.
  • Il terzo è nessun diserbo, nè con l’erpice, nè coi diserbanti: La diversità vegetale è fondamentale per la salute del suolo e del sistema agricolo. Così come è importante la copertura fisica del terreno.
  • Il quarto è nessuna dipendenza da prodotti chimici: L’effetto principale di questi prodotti è quello di alterare pesantemente gli ecosistemi. Possono, solo a volte, controllare qualche parassita, ma solo a breve termine. Di solito il problema si ripresenta sotto qualche altra forma.

Questi punti vanno seguiti con un po’ di elasticità. Masanobu stesso raccontava che limitava un po’ le erbacce attorno alle piante che voleva fare prevalere, io aggiungo che scavare qualche buco per piantare dei tuberi non fa male a nessuno. Certamente queste pratiche non vanno eseguite in maniera estensiva su campi interi.

Nel suo libro Masanobu spiega nel dettaglio come si può coltivare in maniera naturale. Ci illustra come coltivare fra le erbe spontanee, come passare da una coltivazione di riso ad una a orzo senza dissodare il terreno, come coltivare l’orto fra i mandarini del suo frutteto, sempre rispettando questi “quattro pilastri”. Le erbe spontanee, o erbacce, sono considerate una grande risorsa, sia quando le usa per arricchire il terreno (spesso parla del trifoglio bianco che cresce rigoglioso fra le sue piante di riso), sia per scopi alimentari (e qui cita le 7 erbe di autunno e le 7 erbe di primavera, conosciute nella tradizione culinaria nipponica). Io non entrerò nel dettaglio di quello che lui spiega, nonostante siano pratiche molti interessanti. Il fatto è che quello che lui ha scoperto vale per il Giappone e per i terreni che lui coltivava. Sicuramente alcune tecniche valgono anche qui ma citando le note del libro “sta ad ogni contadino che vuole produrre verdura nel modo semi-selvatico di sviluppare una tecnica adatta alla sua terra e alla vegetazione naturale che ci cresce sopra”.

Il libro di Fukuoka continua spostando il problema su altri fronti. Ovviamente avendo una visione olistica dell’ambiente agricolo egli ha anche una simile visione della società in cui vive, dove l’agricoltura ne è una parte. L’agricoltura naturale dovrebbe collocarsi in una “società naturale” ed essere al servizio di una “alimentazione naturale”. Mi sembra importante chiarire, ancora una volta, cosa si intende. La natura, per come la intende Fukuoka, non è un concetto astratto, non si può definire o cercare di spiegare, essa trascende la nostra comprensione, ma sentiamo che ne facciamo parte. Ecco perchè  il “naturale” come lo intendiamo qui non può stare a delle regole, non ha una definizione che troverete in queste righe. Ciò che è naturale deriva da una connessione con noi stessi ed è intuito, arriva senza sforzo, spontaneamente.

Ecco perchè non c’è molto altro da spiegare. Però possiamo condividere le esperienze e questo diventa un altro grande fulcro su cui fondare una nuova agricoltura. Masanobu stesso è passato attraverso parecchi anni di fallimenti per affinare le sue tecniche. Ad un certo punto dice che ormai conosceva qualsiasi cosa potesse andare male in un raccolto e tutto per esperienza diretta… per questo alla fine ha avuto successo! I suoi racconti saranno molto utili soprattutto per i nuovi agricoltori giapponesi. Chi vorrà coltivare in questo modo in Italia, ha tutto un mondo di sperimentazioni davanti, la mia speranza è che non sia solo e che ci sia qualcuno disponibile a condividere queste esperienze.

Pubblicato da masanobu

Sono nato a Gemona del Friuli alla vigilia di Natale del 1990. Ho studiato "Scienze per l'ambiente e la natura" all'universitá di Udine. Lavoro nel settore florovivaistico da qualche anno e scrivo sui temi dell'agricoltura naturale.